Acrilico e carboncino su tela 100×100
Pontecchio Polesine dicembre 2016
“Dipinta nel dicembre 2016 ed esposta nel concorso “Manegium” di Fratta Polesine tenutosi a giugno 2017, La caduta degli dei è stata segnalata dalla giuria. Con questa immagine Maura Mattiolo rovescia la maniera alla quale ci ha abituati nell’attuale ciclo di pittura proponendoci una variazione sul paesaggio locale. Dopo avere dipinto i paesaggi ammirevoli che frequenta con assiduità ne offre una diversa visione il cui tema centrale è l’emozione, e malgrado l’impressione straniata la datazione non è lontana da Una relazione.
Tuttavia l’artista non considera questa tela unicamente come l’esposizione di un sentimento. La ritiene anche una requisitoria contro la società in cui vive e alla quale rimprovera di disinteressarsi di luoghi pensati improduttivi, abbandonandoli con brutalità alla loro grigia desolazione. È una riflessione sulla rappresentazione del reale. Il titolo viscontiano ne è la dimostrazione.
Sotto un cielo plumbeo a tratti intriso d’oro, Maura presenta una comunità rurale disabitata, dall’aspetto spettrale, che si scontra con il suo destino in un paesaggio di notte senza sfondo e fuori dal tempo. Tutto sembra guasto in una confusione globale. Un “no man’s land” di cui prova “l’irresistibile bisogno artistico e umano di conservare il ricordo”.
Nella composizione riconosciamo i volumi geometrici degli edifici familiari, poligoni neri e cupi che si aggrovigliano sul terreno sanguigno, le punte dei caminetti che si slanciano verso il cielo tormentato, qualche rada finestra cieca o porta in attesa di scomparire definitivamente e la magra vegetazione del suolo che tenta di sopravvivere malgrado l’avversità. Tutto è lugubre, delirante e mortifero. Si potrebbe dire il “Teatro del dramma” come lo definì in una delle sue lettere Mario Sironi.
I tratti affilati e i colori audaci sui quali l’artista si concentra molto sottolineano l’aspetto di rovine abbandonate e veicolano una forte tensione. Il cielo e la terra convergono verso la luminosa macchia gialla, centro del quadro e cuore della vita comune anteriore creando una recessione dello spazio che aumenta il tragico. Una tragedia, infatti, contemporanea con forza e violenza giustificata.
Benché abbandonato, questo patetico borgo disumanizzato conserva qualcosa di monumentale, qualcosa di quelli che l’ hanno abitato. E nonostante tutto sembri distrutto, questa immagine, da cui emana una certa bellezza, tramite la pittura è di per sé una vittoria sull’angoscia e sulla nostalgia.
Joanna Martin (Rovigo 26/02/2018)